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Studi settore – contraddittorio obbligatorio

Per le sezioni unite della corte di cassazione, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ‘ex lege’ determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli ‘standards’ in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente col contribuente, pena la nullità dell’accertamento. (Cassazione, sezioni unite, 18 dicembre 2009, n. 26635).

Secondo la giurisprudenza di legittimità, inoltre:
In sede di contraddittorio, il contribuente ha l’onere di provare, senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame;
La motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma dev’essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente;
L’esito del contraddittorio non condiziona peraltro l’impugnabilità dell’accertamento, potendo la commissione tributaria liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente;
Quest’ultimo non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte;
In quest’ultimo caso, tuttavia, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, e il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito.
I principi che precedono sono stati confermati da ultimo dalla quinta sezione tributaria della suprema corte con l’ordinanza 28 marzo 2019, n. 20738, Depositata lo scorso 1° agosto 2019.

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